Mangiari della tradizione che non debbono essere dimenticati
La storia alimentare italiana, soprattutto delle zone di montagna, si sa, è fatta soprattutto di fame e di alimenti umili. La castagna è uno di questi.
Sin dal medioevo, dal Piemonte alla pianura padana, la coltura del castagno era molto ampia, era diffusa a quasi tutte le altitudini, anche in zone pianeggianti, fino ai 200 metri di altitudine, che costituiscono il limite al di sotto del quale la pianta riesce a prosperare.
Le castagne facevano spesso parte dei censi in natura che i contadini dovevano devolvere al padrone o alla chiesa, e si trovano di frequente nei documenti antichi, sia “viride” cioè fresche, appena tolte dai ricci, sia “sicce”, cioè a piena maturazione o leggermente essiccate, sia “piste” cioè pestate, sottoforma di farina, sia “munde”, ovvero sbucciate ed essiccate.
Molti proprietari terrieri vedevano di buon occhio la coltivazione del castagno nei loro possedimenti, poiché i frutti costituivano una parte fondamentale dell’alimentazione delle classi più povere, in particolare dei contadini e della servitù. Inoltre il commercio delle castagne era regolamentato da severe norme che punivano chi le raccoglieva illecitamente, e chi cercava di esportarle. Costoro rischiavano pene veramente pesanti, come si può leggere in un proclama veneto del 1692 che prevedeva, per chi cercava di esportare castagne dalla bergamasca, la galera e addirittura il bando.
Se i castagneti erano di proprietà comunale, erano i singoli comuni che emettevano un bando pubblico con il quale concedevano alla popolazione l’autorizzazione alla raccolta. Anche la spigolatura delle castagne era regolamentata: avevano diritto a svolgere questa operazione soprattutto i più indigenti, e in particolare le vedove con figli piccoli.
Adesso il nome di certe preparazioni ci risulta estraneo, ma nemmeno tanto tempo fa le castagne venivano usate per la panificazione, per preparare castagnacci o necci, polente e minestre come la pattona, o semplicemente venivano consumate bollite nel latte, sia come colazione che come cena. Sono ancora parecchi gli anziani che ricordano con un piacere pervaso di nostalgia le castagne seccate e grossolanamente frantumate, che bollivano nell’acqua, con una presa di sale e una foglia di alloro. Il risultato era una minestra scura, dolciastra, ma molto gustosa, e soprattutto molto nutriente.
Infatti, da un punto di vista nutrizionale, le castagne contengono elementi simili a quelli che si trovano nel frumento: protidi, glucidi, minerali, e soprattutto vitamine, in particolare la B, B1, B2 e C. Non tutti sanno ad esempio che un chilo di castagne ha un contenuto di vitamina C uguale a un chilo di limoni, e questo, in zone dove la frutta scarseggiava, ha limitato i danni di pellagra e altre malattie dovute a scarsità di vitamine. Inoltre è da sottolineare che la castagna ha sempre avuto un prezzo piuttosto basso sul mercato, se si fa eccezione per questo nostro tempo balordo, che vede le caldarroste vendute a prezzi folli, che arrivano anche a 100 euro al chilo…
Ormai per noi le castagne sono diventate un divertimento, uno stuzzichino, un peccato di gola. Adesso tutt’al più le gustiamo arrostite, davanti al caminetto, mentre chiacchieriamo con gli amici, o al cinema. E paghiamo 8 castagne 4 euro, nel cartoccio di carta gialla… saranno poi castagne o marroni? Quanti saprebbero riconoscere la differenza? Frutti ricercati come i marroni di Cuneo, che vengono venduti a 18-20 euro al chilo, vengono tuttora raccolti a mano e finiscono per lo più all’industria dolciaria che li trasforma in marrons glaceè.
Ma la storia si ripete, e l’umile castagna, che è stata snobbata dai “figli dei surgelati”, sta lentamente avendo la sua rivincita. Si ricomincia a usarla sfarinata, per la preparazione di pasta fresca, tipo tagliatelle o foiade, qualcuno ha ricominciato a metterla nella gallina ripiena, qualcun altro esperimenta il castagnaccio. Sarebbe bello ogni tanto cercare gli antichi sapori, preparare ancora la polentina fatta in casa, miscelando la farina di castagne con quella di mais, o provare a cucinare una pattona, la povera minestra di castagne cotta nel latte e addolcita con frutta secca e miele. Sono mangiari della nostra tradizione, ed è un vero peccato dimenticarli.